Lucio Fontana
Fondamentalmente credo che Lucio Fontana si ponesse in un corpo a corpo con l’opera d’arte. Nasceva artisticamente come scultore e si applicava ad assemblare opere astratte usando materiali semplici gesso, ferro, carta, tavolette. Si dedicava anche alla ceramica e successivamente anche al bronzo. Questa sua formazione gli faceva concepire la tela come un oggetto da modellare al pari di una creta o di un marmo. Sentiva in sé anche una spinta insopprimibile a sperimentare nuovi mezzi per l’espressione artistica.
Secondo il suo pensiero nel rappresentare lo spazio era necessario andare oltre il dipinto, di uscire dalla tela. D’altra parte il superamento dei confini tradizionali del nostro spazio stava avvenendo in quegli anni: le prime esperienze astronomiche, il lancio di razzi spaziali. Di lì a poco l’uomo avrebbe superato il limite del proprio pianeta
Nella serie Attese, dalla fine degli anni 50 al 68, Lucio Fontana lacera la tela con un taglio netto su una superfice monocroma. Con il taglio vuole raggiungere la dimensione che è oltre il quadro, superare la bidimensionalità. In quel decennio ne crea tantissimi.
I tagli di Fontana, così essenziali a prima vista, nascono da un procedimento tecnico molto rigido. La tela, fissata al telaio con dei chiodi, veniva ricoperta sui due lati con vernice bianca miscelata a resine industriali. Poi l’artista passava alla coloritura ad olio o idropittura. Con un taglierino eseguiva i tagli che venivano poi modellati e dietro i lembi del taglio incollava una garza nera che oltre a servire a non far deformare nel tempo i tagli, rendeva buia la fenditura e conferiva così un senso di mistero. Attraverso i tagli si intravedeva il buio, un mistero, un’incognita
Le particolarità di questa serie di opere: Il titolo dell’opera è Attesa se Fontana praticava solo un taglio o Attese se i tagli erano multipli. I tagli venivano effettuati con molta concentrazione, anticipati da una sorta di meditazione e poi erano effettuati con un movimento deciso e liberatorio.
Fontana concludeva l’opera scrivendo sul rovescio della tela delle frasi ironiche, un pò per umorismo, soprattutto per evitarne la falsificazione.