È salita al mio balcone dal cortile, la mia Banksia. È una pianta molto curiosa, si protende tra le maglie della ringhiera, desiderosa di vedere cosa succede in strada. È molto socievole, ha fatto amicizia con il gelsomino brasiliano e i due cani, Eolo e il figlio, della casa di fronte. Quando guardo gli archi sottili dei suoi rami, lanciati ovunque, mi appaiono come lo zampillo di una fontana. Sono così delicati che dimentico che è rustica, una rosa botanica. Ha un animo pacifico, non porta spine.
In inverno, quando quasi si spoglia, mi mostra ogni suo ramoscello. Un susseguirsi di piccoli segmenti, ritmati dagli abbozzi di gemme che aspettano placide di aprirsi. Molto più frettolosa di lei in primavera sorveglio la sua ripresa, osservo le gemme che si allungano pian piano stiracchiandosi alla luce.
Finalmente, un giorno, decide di trasformare le sue gemme in minuti ventagli verdi. Da quel momento ricopre velocemente i rami di foglioline graziose, una spuma verde, leggera, allegra. Qua e là spuntano piccoli mazzetti di boccioli, piccolini, promettenti. Senza sfarzo, infine, sapiente, esibisce il suo fascino. Regala una fioritura sola, discreta, che la rende più elegante e preziosa.
Lei ha fiori piccoli, bianco candido, perfetti. Cinque petali bianchi si spalancano per mostrare la coroncina fitta di stami dorati. Questa sua semplicità mi ha conquistato e la preferisco ad altre rose, anche bellissime, gonfie di petali. Con me è paziente perché sa che deve rimanere in vaso. Per andare incontro alle sue esigenze la nutro di terra e tenere attenzioni. Le parlo, mi pare che risponda che si trova bene con me.