Nell’ambito delle nostre iniziative abbiamo con Francesca proseguito con la visita dei vari settori dei Musei Vaticani. Questa volta ci siamo dedicati al Museo Gregoriano Egizio
Mi sono sempre chiesta quando l’uomo ha incominciato a pensare di avere un’anima e al suo destino dopo la morte, quando ha cominciato dedicarsi alla cura dei corpi dei suoi morti e al culto che vi ha dedicato.
Durante la visita del Museo Egizio era inevitabile non notare quanta attenzione era dedicata al culto dei morti. Subito nella prima sala ci siamo trovati di fronte a reperti che ne trattavano. Mi ha colpito questa lapide con la descrizione del procedimento di mummificazione
Per gli antichi Egizi era importante che il defunto potesse continuare a vivere confortevolmente nell’aldilà. Per questo si disponeva tutto in modo che potesse condurre la vita eterna esattamente come lo era stata la sua vita terrena. Nella sua nuova vita era assistito dagli ushabti (coloro che rispondono) ossia gli schiavi che provvedevano in tutto ai suoi bisogni. Perché potesse continuare a nutrirsi gli si offrivano cibo, bevande. Lo si onorava con ghirlande di fiori
Il defunto per accedere alla vita dell’oltretomba (Duat) e continuare la vita in una sorta di paradiso rurale, i Campi di Iaru, doveva dimostrare di avere condotto una vita giusta, il suo cuore era pesato e doveva risultare più leggero di una piuma. Superato questo esame si trasfigurava e iniziava la sua vita eterna.
La mummificazione serviva proprio a preparare il corpo del defunto per intraprendere questo viaggio. Il procedimento era lungo e complesso e presupponeva da parte dei sacerdoti che lo effettuavano delle nozioni di chimica e di anatomia. Perché il corpo si conservasse era essenziale essiccarlo il più rapidamente possibile per evitare la proliferazione di batteri dovuta alla decomposizione.
Un sale naturale conosciuto da tempi antichissimi, il natron, un composto di vari sali, serviva a questo scopo ed era ritenuto così importante da essere offerto durante la cerimonia funebre dei faraoni.
Il processo durava circa 70 giorni e questo lasso di tempo permetteva che fosse completata la costruzione della tomba. I sacerdoti imbalsamatori iniziavano rimuovendo gli organi interni: il cervello, i polmoni, lo stomaco e gli intestini ed essiccandoli. Ponevano in seguito i quattro organi in vasi speciali, i canopi, che avevano le fattezze dei quattro figli di Horus. Ma lasciavano il cuore dentro il corpo perché era considerato la sede dell’anima e il corpo privato della sua anima non avrebbe potuto presentarsi al giudizio per accedere all’aldilà. I vasi canopi erano radunati in delle cassette canopiche di legno decorate che venivano collocate accanto al sarcofago.
vasi canopi cassette canopiche
In alcuni casi le mummie erano ricoperte da dei sudari decorati e avvolte in delle bende e decorate con gioielli, in corrispondenza del viso poteva essere poggiata una tavoletta di legno con dipinto il loro ritratto. Il defunto era ritratto nel suo aspetto migliore, con i suoi tratti giovanili. Dopo tutto questo processo, infine le mummie venivano sistemate dentro i sarcofagi e poteva avere luogo la cerimonia funebre.
sudario dipinto tavoletta con ritratto di defunto mummia avvolta in bende e gioielli