Cuoco e scrittore francese, Marie Antoine Carême (1784 –1833) è stato uno dei protagonisti dell’alta cucina francese.
Uno dei più grandi e colti cuochi della storia, nacque a Parigi da famiglia poverissima e talmente numerosa (due dozzine di fratelli) che il padre lo abbandonò, dodicenne, su una strada. Non senza avergli offerto – racconta Jean-Francois Revel – un pasto d’addio in trattoria.
“Questi sono gli ultimi soldi che posso spendere per te” gli disse il padre e se ne andò.
Nel 1796, a soli 12 anni, iniziò a lavorare come garzone di cucina in una griglieria parigina in cambio di vitto e alloggio.
Nel 1798 divenne apprendista di Sylvain Bailly, un famoso pasticciere, il cui negozio era nei pressi del Palais Royal.
Utilizzando zucchero, marzapane e altri trucchetti di pasticceria, riusciva a creare delle torte molto alte (superavano il metro di altezza!), con forme architettoniche, come piramidi e templi, che venivano usate come centrotavola (dirà poi “Esistono cinque arti belle: la pittura, la poesia, la musica, la scultura e l’architettura, la cui branca principale è la pasticceria”). Mentre lavorava presso la pasticceria di Bailly, una nuova porta si aprì a lui, grazie al buongustaio Maurice de Talleyrand, una figura pubblica che ebbe un grande impatto su Antonin e la sua cucina.
Talleyrand era un diplomatico francese molto importante, nel periodo che va da Luigi XVI a Napoleone I, ed altri leader francesi. Carême cucinò e lavorò per lui per dodici anni.
In realtà, Talleyrand non aveva mai visitato la pasticceria di Bailly, ma il talento di Antonin fu scoperto dallo chef del diplomatico, Boucher. Quest’ultimo convinse il diciottenne talentuoso a lasciare il lavoro presso Bailly per iniziarne un altro presso la pasticceria Gendron, come freelance. Si occupava principalmente dei lavori “extra”, ovvero dei banchetti che si tenevano in tutta Parigi, in particolar modo lavorava per quelli di Talleyrand.
Questi due uomini avevano molte cose in comune ed è forse per questo che il loro legame (lavorativo, ma anche di fiducia) divenne subito molto forte. Entrambi, infatti, avevano subito l’abbandono durante l’infanzia. La loro amicizia durò per più di trent’anni.
Per i banchetti di Talleyrand, Carême preparava le sue torte straordinarie, ma anche veri e propri piatti culinari, allargando così le sue conoscenze in cucina.
I suoi sforzi e la sua buona volontà vennero ripagati e il diplomatico iniziò a presentarlo a tutti i suoi amici più influenti.
Antonin si ritrovò, allora, a cucinare per la sorella di Napoleone, e nel 1803, dopo aver messo un po’ di soldi da parte guadagnati soprattutto con le sue torte, aprì la sua prima pasticceria.
Tra i suoi clienti c’era Napoleone Bonaparte, che nel 1804 mandò Talleyrand a comprare un’estesa tenuta fuori Parigi per utilizzarla come luogo per ricevimenti diplomatici.
Talleyrand prese con sé Carême e gli chiese di creare il menu senza ripetere mai alcun piatto e utilizzando solo prodotti di stagione.
Nacque da questo studio l’haute cuisine, che vide la luce qualche anno dopo con L’Art de la Cuisine Française in 5 volumi (1833) nel quale erano incluse, oltre a centinaia di ricette, menu, presentazioni, proposte di mise en place, la storia della cucina francese e istruzioni sull’organizzazione della cucina.
Questo tipo di cucina aveva delle caratteristiche ben precise, diverse dalla cucina di tipo familiare o casalinga. Si trattava di una cucina ricca, elaborata ed affascinante, ideata per l’aristocrazia francese del 18° e del 19° secolo. Le porzioni non erano abbondanti, ma il numero delle portate, preparate a regola d’arte, aumentava. Il cibo doveva essere fresco, sano e pulito; doveva essere francese (semmai delle colonie); le porzioni dovevano essere equilibrate nell’aspetto, nel sapore, belle a vedersi e servite in un ordine preciso. Il gusto del pasto doveva essere anche visivo, seguire una stretta gerarchia e stupire per sedurre. Lo chef creò quindi la codifica di ciò che era la cucina moderna e borghese, e diffuse il sapere dei cuochi. Carême , figlio della rivoluzione borghese, democratizzò quindi le cucine: da essere luoghi per pochi privilegiati divennero per tutti (a patto che fossero comunque benestanti).
In altri tempi essere cuoco era soltanto un mestiere: concentrati in un piccolo numero di case opulente della corte, delle finanze, della moda, i cuochi esercitavano occulti i loro talenti. La rivoluzione, privando della proprietà gli antichi padroni, lasciò i bravi cuochi in mezzo ad una strada, e per continuare a praticare le loro arti divennero commercianti del buon cibo e presero il nome di ristoratori.
Con la restaurazione Carême divenne famoso nel mondo durante le trattative del Congresso di Vienna, al termine del quale, oltre che creare una nuova mappa dell’Europa, si generò anche un nuovo gusto nell’alta società. Lavorò poi a Londra a servizio di Giorgio IV e presso lo Zar Alessandro I. Tornò a Parigi come chef per James Mayer Rothschild. In casa Rothschild, Carême conobbe Rossini divenendone amico oltre che ispiratore di alcuni raffinatissimi piatti che il musicista, appassionato gastronomo, realizzò sotto la sua guida, come i “Cannelloni alla Rossini”, “Consommé di coda di bue al tartufo il “Gioachino”, un delizioso cioccolatino di squisita pasticceria, a base di gianduia e tartufo e con una spolverata d’oro.
Tutte queste esperienze professionali gli diedero modo di viaggiare molto e di scoprire nuove cose dell’arte culinaria.
Marie-Antonin Carême ha rivoluzionato non solo il modo di cucinare e di fare pasticceria ma anche il modo di stare in cucina e di servire. A lui si deve l’utilizzo dell’uniforme da chef; oppure il famoso cappello bianco e cilindrico, conosciuto come “toque blanche”. In realtà esisteva già prima, utilizzato da un altro cuoco di Talleyrand, Charles Maurice. Antonin inserì però un cartoncino all’interno, in modo da farlo mantenere rigido ed alto sulla testa, permettendo all’aria di circolare, senza creare pruriti.
Tra le varie invenzioni di Carême troviamo i vol-au-vent, dei cestini di pasta sfoglia da farcire con creme dolci o salate; le meringhe e veri e propri oggetti di design per la cucina; oltre alla modifica di ricette che erano presenti già nel Medioevo, come il Biancomangiare, un dolce da mangiare al cucchiaio, preparato con ingredienti bianchi, appunto.
Ma a lui si deve anche la Charlotte, così come compare oggi nelle nostre pasticcerie, poiché è un dolce di origini inglesi che Antonin modificò per omaggiare lo zar Alessandro I.
E sempre a lui si deve l’invenzione del “boudoir” (che noi chiamiamo “Savoiardo”), un biscotto da poter inzuppare senza correre il rischio che si possa rompere. Questa idea gli venne osservando l’abitudine di Talleyrand di inzuppare un biscotto nel suo vino di Madère.
A Carême è attribuita la riclassificazione delle salse in gruppi partendo dalle quattro salse madri (besciamella, spagnola, vellutata, al pomodoro). Nell’Art de la cuisine se ne contano 186 francesi e 103 straniere.
Si deve a lui la rivoluzione del servizio alla russa, ossia molto simile al servizio come lo conosciamo oggi, al contrario di quello alla francese che prevedeva tutti i piatti a tavola nel medesimo istante. La questione, apparentemente senza senso, è solo l’indice di una necessità di ridurre il servizio nella ristorazione borghese che non necessitava più di banchetti, ma piuttosto di un servizio efficiente e di una cucina varia a personale ridotto.
Carême introdusse nella cucina, quello che in pittura si chiama il “valore”, cioè fece capire per la prima volta, che i sapori e gli odori devono essere giudicati non in assoluto, ma nei loro reciproci rapporti. Fu l’ideale del cuoco perfetto, non solamente un operatore pratico di prim’ordine ma anche uno studioso di storia della gastronomia, e molte delle sue opere fanno ancora oggi testo in materia.
Da Carême nasce la grande cucina francese moderna con la suddivisione e l’organizzazione delle cucine poi codificate da Escoffier e Pellaprat. La ristorazione borghese dei primi ristoranti francesi utilizzerà i suoi scritti: ne saranno influenzati il magistrato Anthelme Brillat-Savarin, che ne trae la sua Fisiologia del Gusto. Contemporaneo di Francesco Leonardi (che scrive L’Apicio Moderno nel 1790). In una certa misura influenza anche Pellegrino Artusi che scriverà La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiare Bene.
Gravemente ammalato a causa delle conseguenze della continua inalazione di fumi di carbone abituali nelle cucine dell’epoca., trascorse gli ultimi giorni della sua vita dettando dal letto di dolore le ultime ricette. Di lui fu detto “morì bruciato dalla fiamma del suo genio e dal carbone dei girarrosti”
Morì in Germania all’età di 48 anni lasciandoci una grande eredità, anche se spesso non ne siamo consapevoli. I suoi libri sono ancora attuali e vengono studiati da professionisti, ma anche da semplici amanti della cucina e della pasticceria.
Fonti:
Ilcuocoletterato.wordpress.com
agrodolce.it