Oggi mi è capitata tra le mani una cartolina antica, Il timbro postale lasciava intravedere l’anno 1901. Fa parte della Collezione Pitrè- Costumi Siciliani, raffigurante il Gigante e la Gigantessa, due statue colossali che il popolo porta in giro per le vie principali d Messina, il 15 agosto, grande festa patronale di Maria Assunta.
Incuriosita, mi metto alla ricerca di ulteriori dettagli di questa usanza e scoprirne di più su queste simpatiche figure.
Il Gigante e la Gigantessa, così chiama il popolo messinese due simulacri che durante le feste vengono condotti per la città: due gigantesche figure equestri rappresentanti l’una un guerriero, l’altra un’amazzone.
Già fin dal 1606 lo storico messinese G. Buonfiglio aveva notato che al 15 Agosto “conduconsi i colossi a cavallo di Cani e di Rea sua moglie, dal volgo detti il Gigante e la Gigantessa, come primi progenitori di Messina, et un camelo con gente in maschera giuocando et bagordando”.
Ed aggiungeva che “queste tutte cose sono antiche memorie della città, della Vergine Madre di Dio nostra padrona et protettrice, primieramente di Cam e della moglie Rea nostri progenitori, e della vittoria ottenuta dal conte Ruggieri, il quale forzati i mori entrò trionfalmente in Messina co’ suoi soldati bagordando e co’ cameli barbareschi carichi di spoglie. Onde in memoria di questo fatto si veggono ancora coniate monete d’argento con l’effigie di N. Dama dall’una, e con un camelo dall’altra parte”
Cani e Rea cangiano nomi secondo i tempi, o secondo gli scrittori che ne fanno menzione. Per gli archeologi sono Saturno e Cibele; per il viaggiatore De Forbin (1823) e per Giuseppe La Farina (1840), che si appoggiano sopra antiche testimonianze, essi sono ‑ e certo non senza archeologia classica ‑ Zancle e Rea; per il pittore francese Houel (1784) come pel medico inglese Irvine (1808), e per De Sayve (1820) Grifone e sua moglie, una donna anonima, che il programma delle feste ci suol dare per Mata, e che lo stesso Irvine, con un errore evidente, chiama Madre.
Da tanta diversità di battesimi un’osservazione scaturisce non priva di fondamento, ed è: che codesti colossi legano la loro esistenza leggendaria alla regione messinese. Cam e Rea richiamano a Camaro, o Cammaro, villaggio a poche miglia dalla città, donde entrambi si fanno provenire e dove si localizza la storia loro.
Mata e Grifone sono né più né meno la contrada di questo nome (Mattagrifone).
I nomi non cangiano le persone: ed il Gigante e la Gigantessa sono sempre pel buon popolo messinese due simpatiche figure, e pel popolino due specie di geni tutelari: l’una, la Gigantessa, la bella signora del Camaro l’altro, il gran moro venuto dall’Africa, un feroce antropofago, cui essa addomestica, fa umano e sposa beneficiando la gente del Camaro.
Son passati tre secoli, che entrambi, una volta l’anno, messi fuori della loro casa, fanno la loro apparizione per le vie della città, e nulla hanno perduto della loro freschezza giovanile.
Cam, Satumo, Zancle, Grifone, come meglio vi piace chiamarlo, è una bella testa di moro, dalla barba crespa e nerissima, con un bel paio d’orecchini, e coperto da un diadema. Dicono che questa testa sia del Calemech: ed io ci credo, perché artisticamente bella.
Il petto è coperto da una armatura con tunica bianca e rossa: le spalle di un manto rosso stellato. Cavalca un cavallo bianco, le cui redini regge con la sinistra armata di uno scudo con le storiche tre torri, emblema di Messina, (sono i tre castelli che dominano Messina, Mattagrifone, Castellaccio, Gonzaga) mentre la destra impugna una specie di mazza.
Rea o Cibele o Mata è un donnone che non s’è mai visto l’eguale: con una faccia da luna piena, anzi una luna piena addirittura.
Gigantesca quanto e più del moresco marito, veste da guerriera, sopra un cavallo intenzionalmente superbo. Sul capo, i suoi capelli son tirati indietro e legati da un nastro, porta una corona di fronde e fiori, con una stella in fronte, le tre torri, una collana, un ampio mantello azzurro tempestato di stelle, che copre tutto il dorso del cavallo.
Lieta e sorridente non ha nulla della severità del suo amato consorte; e quasi come per segno di sua gentilezza ha un mazzo di fiori alla mano diritta, ed impugna leggermente la lancia con la manca, lasciando abbandonate le redini del destriero, che al pari di quello di Grifone è bardato e coperto di una ricca gualdrappa rossa ornata di galloni, fiori e rabeschi.
Ma già le immense porte della casa di Mata e Grifone, per particolari congegni, sono spalancate, ed un fragoroso battimano saluta le care figure.
Operai di ogni genere, marinai, pescatori, venditori, sono festanti, ed i fanciulli corrono per tutta la via S. Giacomo e per la piazza della Cattedrale.
Un tamburino batte qualche colpo, ed i fanciulli saltano, sgambettano elettrizzati.
Dozzine di giovani vigorosi e robusti appaiati sotto solide stanghe, barcollanti, trascinano i due strani colossi per le vie più frequentate della città; e la città è in festa: e dalle logge, dai balconi, dagli usci, dalle entrate, dagli sbocchi dei vicoli, dei cortili la gente si affaccia giuliva, soddisfatta a rimirare lo spettacolo che agli occhi suoi riporta i simulacri del Gialanti e della Gilantissa, che godono il privilegio di una perpetua giovinezza, sempre amabili, sempre sorridenti qualunque siano le opinioni che sul conto loro abbiano i vecchi e i giovani padri della patria.
I giganti costituiscono la prima delle tre cose caratteristiche di Messina. Quando un messinese chiede senz’altro ad una persona:
‘U vidisti?’ s’intende il Gigante della festa;
quando:
‘U sintisti’? si allude al terremoto;
e quando:
‘U tastasti?’ si suppone se ha assaggiato il pesce spada.
Giuseppe Pitrè
Feste patronali nella Sicilia Orientale
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