Per qualche anno ho vissuto in un piccolo attichetto nelle vicinanze della Stazione Termini, una stradina tranquilla in quella zona caotica. Per andare e tornare dal lavoro facevo la spola tra il piazzale della Stazione e il Circo Massimo. Nel grande piazzale alternate ai capolinea degli autobus vi sono delle lunghe aiuole con grandi pini. Proprio in quegli alberi al tramonto, dopo le loro evoluzioni stupefacenti, si posavano gli storni. Ero stupita dal fatto che avessero scelto di dormire lì e che sopportassero il rombo e i fumi degli autobus e tutta quella confusione. Tra i rami c’era un movimento continuo e un pigolio incessante di gruppetti di uccelli che si posavano o che svolazzavano e si litigavano per conquistare un posto. Veramente un gran daffare che si prolungava per diverso tempo.
Alla mattina però era tutto diverso. Gli storni sono pigri non si mettono in movimento presto. Verso le 7.30 uscivo sul terrazzetto e vedevo passare poco sopra di me, una lunga e larga scia di piccoli corpi che battevano le ali in perfetto silenzio, potevo sentire il fruscio del loro volo. Quello che mi commuoveva era pensare a quelle migliaia di cuoricini che battevano, a quella prodigiosa manifestazione della vita.